Un monaco domandò al suo abba: “Abba, che cos’è un monaco?”.
E l’abba gli rispose: “Monaco è colui che ogni giorno si pone la domanda: che cos’è il monaco?”
Detto dei padri del deserto
Qualsiasi camminatore per le più diverse vie spirituali e religiose, per dirsi veramente tale dovrebbe sempre percepirsi nella dinamica del divenire: non si è mai cristiani, buddhisti, induisti, musulmani ma si è sempre in cammino per diventarlo.
E se questo è vero per ogni cristiano, per ogni buddhista, per ogni induista, per ogni musulmano in quanto ricercatore dell’autentico, ciò è ancor più vero per il monaco, che ben sa che “essere monaco” non è uno status ma un processo “di inizio in inizio, per inizi senza fine” (cf. Gregorio di Nissa). Proprio come diceva abba Antonio, il padre dei monaci del deserto egiziano, ormai anziano, rispondendo a chi gli chiedeva: “Cosa fai oggi Antonio?”, “Oggi ricomincio”.
L' “identità” monastica non è statica, non è mai fissata una volta per tutte, ma è sempre un divenire, è sempre un soggetto di mutamento, è sempre apertura al futuro.
Il monaco non è mai solo, benché la radice di questa parola indichi proprio la sua solitudine: egli diventa sempre più ciò che è grazie alla compagnia di altri uomini e donne che vivono della medesima tensione, e tra queste vi sono anche persone che seguono altre vie religiose.
E la ricerca, la profondità spirituale, la prassi di vita monastica di questi compagni nella Via interrogano, stimolano e arricchiscono.
La stupita gratitudine per la diversità, per l’alterità che è altro da me e che mi altera, per l’alterità del modo in cui vive la vita monastica, mi provoca e interroga anche il mio modo di vivere la vita monastica.
Per noi che partecipiamo agli incontri del D.I.M. La rilettura della nostra “identità” con i suoi punti di riferimento (regole, consuetudini, tradizioni…), ci spinge a una “conversione” costante, unica modalità per essere veramente fedeli a una ricerca autentica senza fossilizzarsi in un mero conservatorismo.
E' un comune “pellegrinaggio” alla riscoperta di chi noi siamo come ricercatori spirituali e come monaci, cercando di “dirci” all’altro, dirci insieme che cosa costituisce la nostra identità monastica, mettendone in luce gli elementi comuni e, nel contempo, facendone emergere le specificità, per capire meglio noi stessi e per diventare monaci cristiani, buddhisti, induisti migliori.
La ricerca di trovare un comun denominatore della specificità monastica, alla luce delle differenze di storia, teologia, terminologia e pratica e è ogni volta destinato al fallimento. Ma non è questo l'importante.
L'importante è mantere vivo il fuoco sacro di questa ricerca, di questa continua tensione verso “qualcosa” ( è veramente necesario definire cos'è ? - qui è il monaco zen che parla ).
Questa ricerca, questo fuoco, è quello che ci accomuna tutti.
Personalmente non ho parole per descrivere l'abisso (in senso positivo) in cui ogni volta l'ascoltare le testimonianze dei fratelli nella Via mi sprofonda.
E' una profondità senza nome che mi nutre e mi rigenera.
E ogni volta vivo, e sono sicuro di non essere solo in questo, l’incontro e il dialogo al tempo stesso come sfida e come benedizione.
Doryu