Libri consigliati
APRIRE LA MANO DEL PENSIERO
I fondamenti della pratica zen
In questo libro, un classico sullo zen, l’autore illustra la via del Buddha come un tentativo incessante di purificare la propria vita individuale per manifestare qui e ora la natura originaria e universale condivisa da tutti gli esseri. L’insegnamento di Uchiyama, ricco di aneddoti personali, poesie e persino disegni, costituisce una guida essenziale e accessibile alla pratica della meditazione zen.
"Ho avuto molti grandi satori e molti piccoli satori, ma posso assicurarvi che non valgono un fico secco". Per chi crede che sedersi in zazen abbia senso soltanto in vista del meritato ottenimento del satori, dell'illuminazione, o per lo meno della salute fisica, queste parole di Sawaki Roshi non lasciano spazio a dubbi: lo zazen non mira a conseguire qualcosa, in realtà, come dice Uchiyama Roshi, non serve a nulla. È uno stato, non un mezzo. Non c'è nulla in cui credere, nulla da aspettarsi, eppure questa semplice pratica del tornare continuamente alla postura corretta, abbandonando i pensieri via via che si manifestano, ci fa assaporare la vera natura della vita, il sé universale che costituisce il nostro essere.
MENTE ZEN, MENTE DI PRINCIPIANTE
Conversazioni sulla meditazione e la pratica zen
Tratto dai discorsi che Suzuki-Roshi teneva ai propri studenti zen, questo libro è la testimonianza scritta di un grande uomo, il quale, con le sue doti umane di semplicità, dolcezza, calore e umorismo, ha saputo comunicare agli occidentali, in una lingua occidentale, l'intimo significato dello zen, collocandosi così, insieme a Watts, Krishnamurti e Trungpa, fra i protagonisti dell'incontro fra Oriente religioso e Occidente contemporaneo.
“La gente dice che praticare lo Zen è difficile, ma fraintende il perché. Lo Zen non è difficile perché è duro sedere con le gambe incrociate nella posizione del loto, o ottenere l'illuminazione. E' difficile perché è arduo mantenere pura la nostra mente e pura la nostra pratica nel suo senso fondamentale “
“. La mente di principiante è la mente della compassione. Quando la nostra mente è compassionevole, diventa sconfinata. Dogen zenji, il fondatore della nostra scuola, non cessava mai di sottolineare quanto sia importante riacquistare la nostra sconfinata mente originaria. Allora siamo sempre veri di fronte a noi stessi, in armoniosa assonanza con tutti gli esseri, e possiamo attuare sul serio la nostra pratica.
Dogen Zenji - Kosho Uchiyama Roshi
ISTRUZIONI A UN CUOCO ZEN
Ovvero come ottenere l'illuminazione in cucina
Un testo classico di Dogen, commentato da un maestro contemporaneo, Thomas Wright. Una questione di importanza cruciale per la vita quotidiana: provvedere al cibo, cucinare e rigovernare per un intero monastero, che è l'insieme dei compiti spettanti al Tenzo (il monaco preposto a quelle incombenze), tali attività, insomma, sono solo un noioso interludio nella pratica zen al quale un monaco si sottopone per ragioni varie (prestigio della carica, necessità oggettive, ecc.) o possono essere esse stesse la meditazione?
"Fin dall'antichità, nelle comunità che praticano la Via del Buddha, sono stati istituiti sei incarichi per dirigere gli affari del tempio. Tra questi vi è il tenzo, responsabile della preparazione dei pasti per la comunità". Così scrive Dogen Zenji (1200-1253), il fondatore della scuola di zen soto in Giappone e uno dei filosofi più importanti nella storia del buddhismo, all'inizio di Istruzioni a un cuoco zen. Ma in questa breve opera, Dogen va molto oltre. Spiega in modo comprensibile e in termini di vita quotidiana l'importanza dello zazen (sedere in meditazione) e il significato della pratica e dell'illuminazione, facendo un paragone tra la preparazione dei pasti per il monastero zen e il nostro stesso addestramento spirituale, ci insegna a 'cucinare' o purificare la nostra vita. Per questo motivo, Kosho Uchiyama si è assunto il compito di spiegare e discutere l'importanza dell'opera di Dogen per i seguaci della Via del ventesimo secolo. Il saggio di Dogen è unito all'interpretazione moderna di Uchiyama: il commento sottolinea che i seguaci della Via del Buddha devono basare la propria vita sul Sé, senza cercare nulla. Esso ci indica come vivere con una mente priva di preconcetti nel mezzo dell'esistenza quotidiana, e ci insegna che lo sforzo stesso di purificare la nostra vita è la base dell'illuminazione.
GENJOKOAN
Una chiave per la comprensione dello Shobogenzo di Dogen
In queste pagine presenta un eccellente commento al primo capitolo dello Shobogenzo, il "Genjokoan", un testo fondamentale e tuttora molto studiato seppure di difficile comprensione. Il commento di Okumura riscopre nelle poche pagine del testo l'intera filosofia di Dogen e la sua particolare visione dell'insegnamento buddhista.
Opera imprescindibile per la comprensione del pensiero di Dõgen Zenji, il grande maestro giapponese del XIII secolo a cui va il merito di aver trasmesso e diffuso in Giappone la scuola zen Sõtõ, il Genjõkõan è stato scritto nel 1233, pochi anni dopo il ritorno del maestro dalla Cina, e rivisto nel 1252, un anno prima della morte, quando fu incluso nello Shõbõgenzõ come primo capitolo. Nato come una lettera a un discepolo laico, il Genjõkõan esprime l'essenza della pratica e della realizzazione zen della realtà in poche pagine illuminanti, che basterebbero da sole ad attestare il rango superiore di Dõgen come filosofo e poeta. La traduzione e il commento minuzioso di Shohaku Okumura, frutto di trentacinque anni di studio, riflessione e pratica, gettano una luce inedita sul testo, spiegandolo sia dal punto di vista linguistico (se necessario con l'ausilio degli ideogrammi per spiegare il significato esatto di un termine usato da Dõgen), sia dal punto di vista della pratica, con ampi riferimenti ad altri capitoli dello Shõbõgenzõ e ad altri scritti di Dõgen, come Hõkyõki, il diario dei suoi dialoghi con il maestro cinese Rujing, o il Fukanzazengi. Di grandissimo interesse per tutti i praticanti e gli studiosi di zen è inoltre l'ampia descrizione del contesto storico e religioso del Giappone agli inizi del periodo Kamakura: dalle lotte tra i monasteri ai grandi fermenti religiosi da cui ebbe origine la ricerca spirituale del giovane Dõgen, in patria e quindi in Cina.
Kosho Uchiyama Roshi - Shohaku Okumura
KODO IL SENZA DIMORA
La Pratica Zen sull’esperienza della vita quotidiana
Descrizione: Kodo Sawaki Roshi (1880-1965) è stato uno dei maestri zen soto più influenti del XX secolo che, viaggiando per tutto il Giappone, ha contribuito a portare lo zen tra la gente comune. Il libro raccoglie i suoi detti con il commento del suo discepolo e successore Kosho Uchiyama Roshi. Completano il testo i commenti di Shohaku Okumura, a sua volta discepolo di Uchiyama Roshi.
Traduzione dal giapponese di Shohaku Okumura.
Sottraendosi alle illusioni di vanità, fama e denaro, Kodo Sawaki (1880-1965) visse 'senza dimora', viaggiando di tempio in tempio e attraversando il Giappone in lungo e in largo. Personaggio complesso e multiforme, aveva molte caratteristiche degli antichi maestri zen: dinamico, coraggioso e non convenzionale. Secondo Uchiyama Roshi (1912-1998), che fu il discepolo a lui più vicino, la vera grandezza di Sawaki sta nel fatto che 'sprecò' tutta la vita seduto in zazen: un paradosso tipicamente zen che ben illustra la dedizione totale di Sawaki alla pratica meditativa. Commentando i detti lapidari del suo maestro, Uchiyama si è rivolto non solo ai praticanti ma ai lettori comuni, portando la pratica zen sul piano della vita quotidiana.
Sawaki Roshi e Uchiyama Roshi parlavano del Dharma del Buddha utilizzando personali modalità espressive, senza fare uso di troppi termini tecnici. Si basavano essenzialmente sull'esperienza personale e utilizzavano un linguaggio colloquiale, con esempi concreti, familiari ai giapponesi. Fondamentali sono dunque le spiegazioni e i commenti che Okumura ha ritenuto utile fornire al lettore occidentale, per contestualizzare gli insegnamenti dei suoi maestri all'interno della storia e della società giapponese di quel periodo, e soprattutto per offrire riferimenti all'opera di Dogen zenji, perno fondamentale del pensiero di Sawaki.
IL CANTO DELLO ZEN
Il senso vivente di otto fondamentali testi zen
La nostra esistenza è come una mano. Ogni dito è indipendente, ha un'unica forma e un'unica funzione, eppure opera sempre insieme alle altre dita. È lo stesso per gli esseri umani in quanto individui: possiamo essere un dito solo in relazione ad altre dita che operano come un'unica mano. Sebbene questa sia la realtà della vita umana, ne siamo inconsapevoli e siamo convinti di essere il centro dell'universo. Dobbiamo ritornare alla realtà che precede l'egocentrismo.
Shòhaku Okumura róshi esplora in questo libro la ricca tradizione zen della liturgia cantata, dimostrando quanto sia efficace sia nel sostenere la meditazione, sia nell'esprimere e al tempo stesso incoraggiare il voto di condurre una vita improntata alla ricerca della libertà e alla compassione. La salmodia di questi versi è anzi, secondo Okumura, l'espressione stessa di tale realtà di reciproca compenetrazione con tutti gli esseri. Maestro e profondo studioso di buddhismo zen, Okumura attinge alla sua esperienza per illustrare il significato, le implicazioni e l'importanza pratica dei sutra e dei canti. La sua vasta conoscenza della letteratura gli consente di mettere in luce la complessa rete di influssi culturali e storici che permeano questi testi. Vengono commentati testi fondamentali della tradizione zen: i Quattro voti del bodhisattva, la strofa del pentimento, la strofa dei Tre rifugi, la salmodia della vestizione, le salmodie del pasto, il Sùtra del cuore, il Sandòkai.